sabato 8 settembre 2007

Scelti per voi - I migliori articoli

De Mita attacca: non mi candido, ma indicherò il nome giusto
L' ex segretario dc rinuncia a correre in Campania. «Il mio unico dubbio è se aderire al Pd»

«Per me il dubbio non è se candidarmi o no, è se aderire o meno». La signora in blu seduta in terza fila si fa vedere solo nelle grandi occasioni, e questa lo è. Si chiama Annamaria De Mita, è la moglie dell' ex presidente del Consiglio ed è venuta a godersi lo show sulla piazza di Pontecagnano, titolo (provvisorio) «il passo indietro di Ciriaco». Diluvia, sotto gli ombrelli gocciolanti 600 «parrocchiani» si bagnano per lui e l' editorialista della stampa Federico Geremicca incalza, orologio alla mano. Insomma presidente, togliamoci questo dente, tra venti minuti i quotidiani chiudono, lei non si candida alla segreteria del Partito Democratico in Campania, giusto? «Sì, stasera è così. Stasera non mi candido». Ridono, applaudono, gridano «bravo!» e lui, dosando con antica sapienza pause e battute: «Cari amici, io questa sera mi confesso». Per settimane ha tenuto in scacco i leader del Pd e ancora non molla, un passo indietro e uno in avanti e in mezzo una critica spietata («che non è uno sgambetto per ricerca di visibilità») di come Veltroni e Franceschini e Rutelli e Fassino e Prodi e Parisi, soprattutto Parisi, stanno tirando su la casa comune. Non si sono mai amati, il presidente e il professore. Ma cose così al ministro della Difesa, nonché padre dell' Ulivo, De Mita non le aveva mai dette. «Parisi vince il complesso del bassotto immaginando di volare alto». «Parisi il Pd l' ha costruito non come partito ma come movimento, una sorta di berlusconismo corto. Ma questo ibrido è un pò come chi predica la castità e poi si arrangia sotto banco». E ancora, ancora, ancora. «Tra Berlusconi e Parisi è come far giocare il Milan con la Salernitana, non c' è partita». E infine: «Il teorico della democrazia possibile è finito fuori strada, non mi pare una intelligenza illuminata». Velenoso, divertito, stufo di esser giudicato per l' età e l' accento campano, preoccupato per un Pd che nasce spaccato regione per regione «da uno scontro di sottotribù», un partito che ancor prima di vedere la luce «rischia il naufragio» e se fallisce sono guai: «Si apre una prospettiva non molto piacevole». Dal cielo vien giù a secchiate ma le finestre sulla piazza sono tutte illuminate, la gente se ne sta sui balconi, non vuol perdersi una sillaba e De Mita non li delude, ricorre a tutte le sue arti, attinge alla storia della prima Repubblica e alla filosofia politica. Punzecchia uno e premia l' altro. Elogia il vecchio Letta (Gianni) e dà del «fesso» al giovane, Enrico. Lascia che emerga tutta la sua disistima per Romano Prodi, un premier che traccheggia: «Sono stato tra quelli che prima che si candidasse avvertivano che non era in condizioni di governare». E dà atto a Veltroni di aver detto, due giorni fa ad Agropoli, molte cose sagge: «Uno che sotto l' apparente bonomia capovolge parecchio le categorie dell' analisi politica». Dunque, De Mita non si sfila. Sarà il grillo parlante del Pd, darà filo da torcere giorno per giorno, dirà quello che pensa a costo di dar fastidio a molti. E in Campania ci metterà uno dei suoi, Alfonso Andria o Tino Iannuzzi, deputato fedelissimo. «Io ho deciso di partecipare alla costruzione del Pd in Campania, sono interessato a salvare il disegno, non sono interessato a chi lo fa. Che si chiami Ciriaco De Mita o Pinco Pallino, per me fa lo stesso». Sono le undici e venti, piove ancora e Ciriaco c' è: «Sono per giocare la grande partita e non per un regolamento tra frustrati». Guerzoni Monica, Corsera
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SINDACO E FILOSOFO

Cacciari: niente demagogia, non facciamo i Gentilini
«Capisco i miei colleghi, ma la repressione dobbiamo lasciarla alla polizia»

«Con ordine: di quest' ultima idea, poteri di polizia giudiziaria ai sindaci, se ne parlò nel 1996 con l' allora ministro dell' Interno Giorgio Napolitano. Niente di nuovo. Se ne può anche discutere, basta non metterci sopra un carico di demagogia e populismo». Massimo Cacciari è sull' arrabbiato andante. «Ma siamo diventati tutti matti?». Massimo Cacciari dice che non ha intenzione di litigare con i suoi colleghi di Firenze e Bologna. Però è arrabbiato, e si sente. «Io li capisco. Vanno avanti come Gentilini, a forza di grida. Non hanno i mezzi, e si devono affidare alle scorciatoie». L' idea di avere più poteri di polizia è una scorciatoia? «Veda un po' lei. Io credo che la repressone dei fenomeni criminosi spetta alla polizia, non certo ai sindaci. Ma stiamo scherzando?». Non è che qualcuno ci marcia, con questa storia dei sindaci sceriffi? «Può darsi. A me questa definizione non piace. Come non mi piace la piega che ha preso il dibattito sulla sicurezza. E' ipocrita, ispirato alla politica della polvere sotto al tappeto». Faccia degli esempi. «Partiamo dalle prostitute. Agli ipocriti faccio presente che ci sono in ogni capitale europea». Detto questo, che si fa? «Qui in Italia si affronta il problema allontanandole dai viali cittadini. Vadano a battere in aperta campagna. Qualcuno pensa seriamente che sia un' idea civile, che spostarle da una via all' altra possa essere una soluzione?». Lei come la definisce? «E' un esempio di politica della polvere sotto al tappeto, alla quale si sta conformando tutta la sinistra». Ne è proprio sicuro? «Ma certo. In materia di sicurezza la sinistra è vittima dell' infezione berlusconiana. Sceglie una politica vuota, fatta di grida, di muscoli gonfiati». Proposte alternative? «Prendiamo le prostitute: crei delle strutture, ti affidi a degli operatori di strada che cercano di recuperarle. I nomadi? Non basta cacciarli. Occorre costruire dei campi decenti, serve l' edilizia pubblica. Certo, queste cose non fanno discutere i giornali, non creano un bel dibattito. Meglio le grida, che non risolvono niente ma fanno il solletico alle parti basse della gente». Alcuni suoi colleghi in quanto a grida non scherzano. «E' l' unico modo che hanno per farsi ascoltare. E infatti Amato li incoraggia. Perché per lui è più facile e redditizio dire che il problema sono le prostitute ed i lavavetri, e affrontarlo da sceriffo. Il governo non dà soldi per l' edilizia sociale, taglia i fondi agli operatori sociali. Non rimane che un po' di demagogia, che oltre tutto fa bene alla popolarità». Non condivide, ma capisce. «Li capisco anche troppo, i miei colleghi sindaci. E' duro cercare una politica seria su argomenti per i quali l' insofferenza della gente è altissima. Mezzo milione di euro all' anno per i campi nomadi? I cittadini si scandalizzano, e tu devi spiegargli che la strada è quella, che anche il prefetto è d' accordo. Ma devi anche combattere la carenza di fondi. Una fatica bestiale». Quindi, si prende quella che lei definisce «una scorciatoia», non è così? «E' quello che sta accadendo. Via i nomadi, i lavavetri, le prostitute. E' profondamente sbagliato. E' incivile». Anche lei manda i vigili a scacciare i venditori abusivi. «Certo. Voglio limitare certi commerci, ma non mi illudo che così si risolva il problema. Lavoriamo, facciamo il possibile, senza incrementare l' insofferenza, oggettiva, vera, della gente». E' questo che sta accadendo? «Si sta facendo una politica che oggettivamente finisce per incentivare l' insofferenza della gente. Tolleranza zero. Bella frase, ma che vuole dire? Che l' illegalità non va tollerata. E c' è bisogno di precisarlo?». Magari una volta ogni tanto... «Perfetto. E poi? Le norme non bastano? Se ne facciano delle altre, e che vengano applicate. Ma un politico, che sia sindaco o ministro dell' Interno, si deve porre il problema di quel che sta facendo. Deve studiare le cose, per poter risolvere in modo civile il problema. Non deve aggrapparsi alla repressione. Un politico non deve reprimere, deve cercare di risolvere. Sono due cose diverse». Questo dibattito sulla sicurezza la entusiasma. «Sembra che sia scattato l' imperativo di portare il cervello degli italiani all' ammasso. Mi fa schifo». Il filosofo Massimo Cacciari (foto) è sindaco di Venezia dal 2005: lo era già stato tra il 1993 e il 2000. Imarisio Marco, Corsera

venerdì 7 settembre 2007

Assisi, i popolari di nuovo in gioco

di GIORGIO MERLO
Il recente convegno di Assisi ha contribuito a definire il profilo politico del Partito democratico. Una riflessione che ha sgomberato il campo da molti equivoci e, al contempo, ha rilanciato la politica come elemento determinante del futuro soggetto politico. Era troppo tempo che il confronto interno al Pd era dominato sostanzialmente da gossip giornalistici o da accuse che rasentano il ridicolo. Basti pensare a tutta la retorica sugli “apparati” e sulla “nomenklatura” che è stata adoperata come una clava contro Veltroni e i suoi collaboratori da esponenti che, da sempre, appartengono saldamente alla classe dirigente del partito di riferimento nonché del governo. Ma, al di là di questa osservazione che è destinata a cadere nel vuoto nell’arco di poco tempo, è quantomai necessario e indispensabile che il confronto politico ritorni protagonista attorno ai contenuti e al recupero delle culture politiche fondanti il nuovo soggetto politico. E il convegno di Assisi, seppur “snobbato” dai grandi organi di informazione, ha trasmesso un messaggio chiaro ma inequivocabile: il Partito democratico non può fare a meno della tradizione cattolico democratica e popolare come, del resto, di tutte quelle culture politiche che storicamente contribuiscono a qualificare il riformismo nel nostro paese. Una tradizione che non può essere confusa con una minuscola e insignificante nicchia clericale o una minoranza confessionale destinata ad essere ininfluente nella costruzione della proposta politica del Pd. Con Assisi si è voluta ribaltare anche una prassi recente che aveva ridotto la presenza cattolica ad una semplice delega ai cattolici per affrontare temi di natura etica riconducibili esclusivamente ai problemi di coscienza. Una presenza culturale cioè, titolata ad affrontare i cosiddetti temi eticamente sensibili lasciando ad altri il compito di elaborare le vere ricette politiche, economiche e sociali necessarie per governare l’intero paese. No, i cattolici democratici oggi hanno un’altra ambizione, politicamente rilevante e molto più impegnativa. Si tratta cioè di recuperare lo “spirito costituzionale” che aveva caratterizzato la presenza dei cattolici nella stagione costituente. Una grande disponibilità alla collaborazione con altre forze politiche e, al contempo, una irriducibile vocazione a non disperdere la propria identità culturale ed ideale. «Coscienza di sé e apertura verso gli altri» per dirla con Aldo Moro, in un contesto politico, quello contemporaneo, profondamente diverso rispetto a quello degli anni quaranta ma simile per la domanda di “resurrezione” della politica che sale prepotentemente dalla società. I molti contributi emersi dal dibattito e gli interventi finali di Fioroni e Franceschini hanno sottolineato che il Pd avrà un futuro se riuscirà a essere un soggetto politico plurale, partendo però dal pieno riconoscimento delle varie sensibilità culturali. È indubbio che un partito che aspira ad essere il primo partito italiano non può che essere fortemente articolato al suo interno. Non un correntismo esasperato, come ha giustamente evidenziato Weltroni, ma la capacità di esaltare le diverse posizioni in un disegno politico comune. È inutile pertanto lanciare accuse demagogiche e anche un po’ qualunquiste attorno alla nascita di una “corrente cattolica” nel futuro organigramma del partito. Non c’è traccia di correnti cattoliche nel Pd, perché nessuno – tranne qualche inguaribile clericale che ad Assisi non era di casa – sostiene l’opportunità di trapiantare quell’esperienza politica nella società contemporanea. Semmai, si tratta di saper riconquistare all’impegno politico e di partito quelle riserve etiche, sociali, culturali e morali che sono presenti nell’area cattolica italiana e che continuano a nutrire perplessità e diffidenza nei confronti della politica e dei suoi protagonisti, tanto a livello locale quanto nazionale. La sfida politica è racchiusa proprio qui: nella capacità di reimmettere nel corpo vivo del Pd queste energie, senza ipoteche confessionali e degenerazioni clericali. Certo, spiace che alcuni esponenti che sino a ieri erano espressione autentica e vera di quella tradizione abbiano oggi rinunciato a metterla in gioco insieme sacrificandola sull’altare della centralità degli organigrammi interni del partito. Aveva ragione il presidente del senato Marini quando, commentando il convegno di Assisi, ha rilevato che il mondo popolare e cattolico democratico era tutto presente nella cittadina umbra, con quella ricchezza variegata e articolata fatta di uomini e donne impegnate nel sociale, nelle parrocchie, nei gruppi politici, nelle amministrazioni locali e nelle professioni. Un mondo che oggi vuole essere protagonista nella politica, e il Pd può essere una risposta duratura e credibile se saprà essere un luogo politico autentico e trasparente dove nessuno può rivendicare sciocche egemonie e futili primogeniture. Pertanto, l’unità della tradizione cattolico democratica e popolare rappresenta un elemento di forza e di coraggio per il Pd che non può ridursi a una sommatoria di sigle, quote, rivendicazioni territoriali, anagrafiche e territoriali. Il ritorno della politica continua a essere l’elemento decisivo per fare del Pd la scommessa vincente non solo per il centro sinistra ma per lo stesso rinnovamento della politica italiana. Del resto, la grande attesa per il decollo del Pd non risponde soltanto a un fatto numerico o di semplificazione del quadro politico ma anche, e soprattutto, al tentativo di voltar pagina per una politica autenticamente laica, riformista e fortemente innovativa nelle sue modalità organizzative. E, sotto questo profilo, la cultura cattolico democratica e popolare può essere una carta decisiva. Purché prevalga la politica e una rinnovata e disponibilità al confronto e al dialogo con altre tradizioni culturali ed ideali. Il convegno organizzato dalla rivista Quarta fase ad Assisi ha contribuito in modo significativo a intraprendere quel cammino. Ora occorre dar gambe a quella “forza delle idee” che resta la vera specificità del cattolicesimo politico nel nostro paese.

GIORNI D’EUROPA 2007
Verso il partito democratico
Costiera Amalfitana e Cilento 3 – 8 Settembre 2007
Il programma dell'ultima giornata

SABATO 8 SETTEMBRE

Pontecagnano – Piazza Sabbato
Ore 10:00 La riforma dell’ordinamento giudiziario
Intervengono: Pietro Carotti (Presidente Collegio Probiviri DL-La Margherita),
Clemente Mastella (Ministro della Giustizia), Daniela Melchiorre
(Sottosegretario Ministero della Giustizia), Maretta Scoca (Avvocato),
Lanfranco Tenaglia (Deputato Ulivo), Luigi Zanda (Vice Presidente Gruppo
Ulivo Senato)
Modera: Dino Martirano (Il Corriere della Sera)

Vietri sul Mare – Piazza Amendola

Ore 11.00 Verso le Primarie per il Partito Democratico
Intervengono: Antonello Giacomelli (Responsabile Dipartimento Enti Locali
DL-La Margherita), Donato Mosella (Capo Segreteria Politica Francesco
Rutelli), Nicodemo Oliverio (Responsabile Dipartimento Organizzativo DL-La
Margherita), Rino Piscitello (Esecutivo DL-La Margherita), Italo Tanoni
(Esecutivo DL-La Margherita)
Modera: Paolo De Luca (Rai)

Pontecagnano – Piazza Sabbato

Ore 12:00 Ambiente ed energia: l’innovazione per affrontare la sfida di
Kyoto
Intervengono: Gaetano Colucci (Eni-Responsabile per i rapporti con il
Governo), Francesco Ferrante (Senatore Ulivo), Andrea Losco (Parlamentare
Europeo), Roberto Malaman (Direttore Generale Autorità per l’Energia
Elettrica), Salvatore Margiotta (Deputato Ulivo), Marco Stangalino (Edison-
Responsabile asset elettrici Italia), Marco Stradiotto (Sottosegretario Ministero
Sviluppo Economico), Andrea Valcalda (Enel-Responsabile Progetto
Innovazione Ambiente)
Modera: Claudio Marincola (Il Messaggero)

Pontecagnano – Piazza Sabbato

Ore 17:30 Patto per la crescita e la competitività
Intervengono: Maurizio Beretta (Direttore Generale Confindustria), Raffaele
Bonanni (Segretario Cisl)
Modera: Alberto Orioli (Il Sole 24 ore)
Pontecagnano – Piazza Centola

Ore 18.30 Conclude Francesco Rutelli
A seguire concerto di Massimo Ranieri

Il Blog riprende le attività

Rieccoci qui, dopo qualche mese di stop. Purtroppo portare avanti un blog non è mai facile. Scusandoci con i (pochi) visitatori, speriamo di essere un po' più costanti nell'aggiornamento...
Grazie a buona lettura!

mercoledì 4 aprile 2007

"Il Partito Democratico? Sia un grande fatto popolare"

Il Partito democratico “deve essere un grande fatto popolare” e non una semplice sommatoria tra Ds e Margherita, anche se a questi due partiti deve essere riconosciuta “l’immane portata del lavoro che si è fatto, il coraggio dell’impresa rispetto alla conservazione degli equilibri esistenti”. È quanto ha scritto il leader della Margherita, Francesco Rutelli, in un intervento sul quotidiano del partito ‘Europa’.
“Penso che ogni settimana che passa - scrive il vice premier - confermi la necessità e la validità della scelta del Pd. Chi si aspettava un “rompete le righe” nel campo del centrodestra ha subito una controprova significativa: Berlusconi è lì, ed è il leader di riferimento”. “L’unica maniera credibile - prosegue - per porre termine all’infinita transizione della Repubblica è politica: far nascere il Pd, creare il baricentro delle riforme, della modernizzazione, del cambiamento”.
Secondo Rutelli il nuovo soggetto ha “una potenzialità considerevole”, ma “ci sono rischi molto grandi: primo tra questi un processo di nascita del Pd autoreferenziale, chiuso all’interno dei due partiti fondatori”. Secondo il leader della Margherita quindi “si tratta di lavorare adesso per dare qualità e slancio alla decisione, una volta che essa è a portata di mano”. Rutelli ribadisce quanto ha affermato nei giorni scorsi, e cioè che “il Pd non deve essere un seguito della vicenda del Pc-Pds-Ds: sarà un partito nuovo, anche nella proiezione europea e internazionale. Né una creatura da salotto, deve essere un grande fatto popolare, e attento alle esigenze dei ceti popolari”. Un’altra caratteristica del Pd sarà quella di non essere né laicista né clericale, bensì “autenticamente aperto alla ricchezza plurale della società italiana”. Rutelli conclude sottolineando che i congressi di aprile dei Ds della Margherita dovranno “suscitare attese e passioni, rinnovare speranza”.

lunedì 26 marzo 2007

Venerdì il congresso regionale




La Margherita: abolire l'Ici per la prima casa

Abolire l’Ici sulla prima casa e introdurre un’aliquota a tassazione separata del 20% sugli affitti. È questa la proposta uscita oggi dall’esecutivo della Margherita. “Si può fare subito, anche per decreto” ha detto l’ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu, uscendo dalla riunione. “Abbiamo avviato una riflessione sul futuro Dpef e una verifica sullo stato d’attuazione della finanziaria e il suo impatto sui processi di crescita, prendendo atto di quanto emerso dalla trimestrale di cassa - spiega il coordinatore dell’esecutivo dei Dl, Antonello Soro - da questa analisi è emersa con evidenza che vi è un grave ritardo nell’applicazione delle misure contenute nella manovra a sostegno dell’impresa, che dovranno andare rapidamente a regime”. “Per quel che riguarda il cosiddetto extragettito - prosegue Soro - il risultato positivo è dovuto a una pluralità di fattori, come le misure strutturali adottate e una ritrovata cultura della legalità contributiva”. “Occorrerà, sottolinea Soro, fare un approfondimento sulla quantità di risorse effettivamente disponibili e sulle misure adottabili, tenendo conto dell’equilibrio dei conti. Ma, sottolinea l’esponente dei Dl “è importante oggi spingere sul sostegno alle persone e alle famiglie, come abbiamo privilegiato in finanziaria le imprese e uno snodo delle politiche della famiglia è certamente la casa”. Un alleggerimento fiscale sulle prime abitazioni presenta, quindi, per Soro due vantaggi: “Sostiene il reddito delle famiglie e libera risorse per far ripartire i consumi per lungo tempo stagnanti”. L’esecutivo della Margherita quindi sposa e ribadisce l’indicazione formulata da Romano Prodi nel suo discorso per la fiducia in Parlamento, che indicava proprio l’abolizione dell’Ici nella prima casa e un’aliquota al 20% tra i provvedimenti prioritari del governo nei prossimi mesi. “È chiaro che un intervento del genere - sottolinea Soro - andrà congeniato in concertazione con il sistema delle Autonomie locali'”.

martedì 20 marzo 2007

La stampa locale parla di noi




Libero!


Bentornato a casa, Daniele

lunedì 12 marzo 2007

Speciale emergenza climatica: il ruolo della Margherita


Premessa

I mutamenti climatici non sono più soltanto una minaccia per il futuro del Pianeta, ma una realtà che interessa ormai anche le nostre latitudini come dimostrano i fenomeni sempre più estremi che si succedono in Europa e nel Nord America - alluvioni, tifoni, lunghi periodi di siccità come ad esempio quello che in questa stagione sta già suscitando un grave allarme nel bacino del Po. Allarmi che suscitano gravi preoccupazioni al punto da ritenere che siamo davanti ad un’emergenza ambientale mai vissuta nel passatoD’altra parte la necessità di procedere a importanti cambiamenti nel modo di produrre e distribuire energia, nelle modalità di trasporto di persone e merci, rappresenta anche una straordinaria occasione di modernizzazione del sistema economico, specialmente in un Paese come l’Italia che ha bisogno di dosi massicce di innovazione anche per consentire alle proprie imprese di competere nel mondo dell’economia globalizzata. Per questo una delle sfide più importanti e impegnative che la politica oggi deve affrontare è quella di uno sviluppo sostenibile: uno sviluppo in grado di far fronte alle esigenze di migliore qualità e di equità sociale, delle presenti e future generazioni, senza compromettere l’ambiente, il clima, le risorse naturali del nostro pianeta, valorizzando anzi la qualità ambientale come fattore cruciale del benessere economico e sociale.Ridurre fortemente la dipendenza dal petrolio e, in generale, dalle fonti fossili, puntare sull'efficienza energetica e sulle energie pulite, rinnovabili e su modelli di produzione di energia diffusi sul territorio: ecco l'esempio migliore, più attuale, di un’azione riformista che, al tempo stesso, è indispensabile per rispondere a una minaccia ambientale incombente – un irreversibile e catastrofico cambiamento del clima globale -, ma anche per favorire uno sviluppo economico più duraturo, più diffuso e tecnologicamente più avanzato. Una straordinaria occasione per l’innovazione e la modernizzazione ecologica del sistema produttivo.

L’Italia e i cambiamenti climatici: completare la riforma sulla sostenibilità.

Il nostro Paese è in grave ritardo nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, previsti dal protocollo di Kyoto. Finita, con la caduta di Berlusconi, l’indifferenza del Governo italiano per i cambiamenti climatici, l’Italia ha imboccato la strada della sostenibilità. Se il precedente Governo aveva collocato il nostro Paese nel club degli scettici, arrivando a promuovere iniziative pseudoculturali dirette a minimizzare gli effetti antropogenici sui cambiamenti climatici, il Governo Prodi, con la sua prima finanziaria, ha segnato una decisa inversione di tendenza: si tratta del primo tassello di un quadro che si andrà delineando durante l’intera legislatura e che porrà le condizioni per il raggiungimento dell’obiettivo europeo di ridurre del 20% al 2020 le emissioni di CO2. Oltre agli interventi contenuti nella finanziaria, è stata varata una sostanziosa modifica della legislazione sull’efficienza energetica negli edifici, è in discussione al Senato la delega sull’energia, con una parte riservata allo sviluppo delle fonti rinnovabili ed è imminente la pubblicazione delle nuove regole per accedere agli incentivi sul fotovoltaico, che promettono di dare, finalmente, piena attuazione alla direttiva europea sulla promozione dell’energia verde e di colmare il gap, accumulatosi negli ultimi cinque anni, con i maggiori Paesi europei, Germania in testa. Per qualificare il 2007, anno in cui cade il decimo anniversario del Protocollo di Kyoto, come quello del definitivo ingresso nell’era della sostenibilità, la Margherita propone di varare ulteriori misure che, con quelle approvate e le altre in cantiere, costituiscano una vera e propria “riforma” in grado di dare all’Italia strumenti adeguati per contribuire alla sfida globale contro i cambiamenti climatici.Questi gli assi del nuovo “pacchetto sostenibilità”:

• modificazione dei meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili e semplificazione delle relative procedure autorizzative;

• una politica industriale che miri al risparmio energetico e volta a centrare gli obiettivi europei;

• accesso per tutti, famiglie, imprese e pubblica amministrazione, alle fonti rinnovabili di energia;

• maggior coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nell’impegno per la diffusione delle fonti rinnovabili, il risparmio energetico e per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni;

• potenziamento del trasporto ferroviario regionale;

• diffusione della elettrificazione del trasporto pubblico urbano;

• riduzione del trasporto su gomma di merci e persone;

• un programma per l’agricoltura sostenibile.


La Finanziaria 2007

La finanziaria 2007 contiene molte misure che vanno in questa direzione.

E’ stata innalzata la percentuale di detrazione fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici dal 36 al 55% per gli interventi che consentono di ridurre i consumi energetici

Diffusione del solare termico nell’edilizia esistente.

La detrazione fiscale per le spese sostenute per l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi industriali e civili passa dal 36 al 55 per cento.

Incentivazione delle caldaie ad alta efficienza.

L’incentivo fiscale previsto dalla finanziaria 2007, pari ad una detrazione delle spese sostenute del 55 per cento sull’IRPEF, porterà le vendite di caldaie ad alta efficienza (risparmi ottenibili compresi tra il 20 e il 35%) da circa 35.000 a 100.000, con un risparmio di 20 ktep/anno.

Illuminazione efficiente nei negozi.

Agli esercenti di attività commerciali che effettuano interventi di efficienza energetica per l’illuminazione nel 2007 e nel 2008, spetta una deduzione dal reddito d’impresa pari al 36 per cento dei costi

Fondo per l’incentivazione di edifici ad altissima efficienza.

Per favorire la diffusione di un edilizia ad alta efficienza in costruzioni di medie e grandi dimensioni (volumetria superiore a 10.000 metri cubi con un fabbisogno energetico minore del 50% di quanto prevede l’attuale normativa) è previsto un contributo pari al 55% degli extra costi sostenuti per conseguire il predetto valore.

Contributi per frigoriferi ad alta efficienza.

Per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+ spetta una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 20 per cento. Ipotizzando che i frigoriferi di classe A+ raggiungano il 15% delle vendite, si otterrà una riduzione dei consumi pari a 85 GWh (milioni di kWh) all’anno.

Fotovoltaico nelle abitazioni.

Ai fini del rilascio del permesso di costruire, deve essere prevista l'installazione dei pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica per gli edifici di nuova costruzione, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 0,2 kW per ciascuna unità abitativa.

Incentivi per l’installazione di motori industriali ad alta efficienza e a velocità variabile.

Il settore industriale italiano consuma circa 150 TWh (miliardi di kWh) all’anno di energia elettrica, di cui circa 114 TWh sono imputabili al consumo dei motori elettrici (un terzo della domanda elettrica nazionale). Il parco motori elettrici in uso nelle aziende italiane ha un’efficienza energetica molto bassa (l’alto rendimento, classe eff1, copre solo il 5% delle vendite). D’altra parte, l’industria italiana è la prima produttrice di motori elettrici nella UE: il mercato annuo in Italia è di 350 milioni € con 3 milioni di pezzi venduti sul mercato libero.La finanziaria prevede la detrazione fiscale per una quota pari al 20 % degli importi a carico del contribuente nel corso del 2007 per ciascun motore, per l’acquisto o la sostituzione di motori funzionanti in bassa o media tensione, anche integrati in apparecchiature, con motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 kW e per i variatori di frequenza su motori elettrici con potenza compresa tra 7,5 e 90 kW Infine il Governo ha avviato il Primo progetto di innovazione industriale sull’efficienza energetica per la nascita e il radicamento di una ecoindustria, affidandone il coordinamento all’ing. Pasquale Pistorio. Scopo del progetto è quello di avere un’industria che utilizza meno energia nei processi produttivi e che produce nuovi prodotti capaci di rendere l’Italia più competitiva. Le risorse disponibili sono ingenti: saranno mobilitati 350 milioni di euro attraverso il Fondo per la competitività istituito in Finanziaria.


Le proposte della Margherita:


I) L’emergenza idrica.

La forte riduzione dei fenomeni piovosi e delle precipitazioni nevose di quest’anno pone, con estrema severità, il problema della disponibilità di acqua per i diversi usi. In particolare gli ultimi dati a disposizione circa l’entità delle risorse idriche del bacino padano rilevano che a fronte di una portata del Po già inferiore a quella registrata l’anno scorso in pari periodo, il manto nevoso disponibile ricopre meno di un terzo del territorio coperto nel febbraio 2006 e con altezze altrettanto ridotte. Se entro aprile non interverranno significative precipitazioni, ad oggi improbabili, la situazione potrà risultare estremamente critica. Occorre, per quanto concerne le produzioni agricole, dare subito l’avvio ad un’azione sui sistemi irrigui che possa condurre a forti risparmi e serve, per il futuro, una programmazione agricola che tenga conto della scarsità della risorsa acqua.Un contributo decisivo può provenire inoltre dalla ammodernamento della rete idrica che oggi presenta troppe inefficienze e carenze. E’ comunque necessario dichiarare sin d’ora lo stato d’emergenza per il bacino del fiume Po e per i bacini limitrofi e indire al più presto una Conferenza Nazionale sull’Acqua nella quale affrontare il problema complessivo dello squilibrio tra fabbisogni e disponibilità idriche aggravato dai mutamenti climatici in atto.

II) Fonti rinnovabili

Modificare i meccanismi di incentivazione L’esperienza di tutti i Paesi europei (a cominciare dalla Germania e dalla Spagna) dove le fonti rinnovabili si sono diffuse molto più che in Italia dimostra che l’unico meccanismo di incentivazione che funziona per davvero è quello del cosiddetto “conto energia” che in Italia è in vigore, da poco tempo, solo per il solare fotovoltaico. Fermo restando l’obbligo di raggiungere un obiettivo minimo di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili attraverso lo strumento già in vigore dei Certificati Verdi, proponiamo quindi di estendere tale modalità di incentivazione anche a tutte le altre fonti di energia rinnovabile: eolico, idraulico, geotermico, biomasse (privilegiando quelle provenienti da filiera corta), biogas (da allevamenti e da discariche), rifiuti (esclusivamente per la parte biodegradabile come previsto dalle normative europee). Tale importante novità può essere immediatamente introdotta nella legge delega sull’energia attualmente in discussione al Senato.

III) Semplificare le procedure autorizzative.

Nello stesso provvedimento si può prevedere una delega al Governo che, ovviamente nel rispetto del paesaggio e dei nostri straordinari centri storici, provveda a modificare e a semplificare le procedure autorizzative per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili specialmente per quelli di piccola taglia. Per spingere anche le Regioni a partecipare al raggiungimento dell’obiettivo della diffusione delle fonti rinnovabili (il programma dell’Unione prevede il raggiungimento entro il 2012 del 25% per la produzione di energia elettrica) si dovrà prevedere che il Governo di concerto con le stesse Regioni stabilisca la ripartizione dell’obiettivo minimo da raggiungere.

IV) Un grande programma per le scuole.

Come proposto dal Ministro Fioroni si deve mettere in campo un programma per dotare di pannelli solari gli edifici scolastici che gradualmente interessi i 42.000 istituti presenti nel nostro Paese.

V) Risparmio energetico e innovazione industriale.

L’introduzione dei Titoli di Efficienza Energetica da parte del primo Governo di Centrosinistra è stato un primo atto significativo di politica industriale rivolta al risparmio energetico.Bisogna proseguire su quella strada incentivandone l’uso ed estendendo la platea di coloro che possono farvi ricorso. Il mercato dei certificati Bianchi è attualmente aperto solamente alle imprese di distribuzione dell’energia e alle società da queste controllate e alle società terze operanti nel settore dei servizi energetici (le cd. ESCO, Energy Service Companies), comprese le imprese artigiane e loro forme consortili. Proponiamo: a) di consentire l’accesso al mercato dei Certificati Bianchi a tutte le imprese che hanno l’obbligo di nominare gli energy manager; b) attraverso l’abbassamento della soglia di risparmio per accedere ai TEE (Titoli di Efficienza energetica), fissata oggi a 25 Tep (Tonnellata Equivalente di Petrolio, 1 Tep pari a 11.700kwh), consentire l’accesso agli utenti civili, come i condomini e altre forme associative di utenti; c) consentire l’accesso degli enti locali alle contrattazioni di Certificati Bianchi limitatamente a quei titoli che costituiscono obiettivi di incremento dell'efficienza energetica degli usi finali di energia, aggiuntivi rispetto a quelli nazionali, che ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del decreto 20.7.2004 le regioni hanno la facoltà di individuare. Queste misure stimoleranno l’iniziativa privata e, al tempo stesso, l’individuazione di obiettivi più ambiziosi, da realizzare in ambito locale, rispetto agli obiettivi nazionali.Un ruolo importante per lo sviluppo del mercato dei Titoli di Efficienza Energetica è svolto dalle ESCO (società di servizi energetici). Il principale elemento che sembra limitarne l’espansione è costituito dalla scarsità di risorse finanziarie, ostacolo che non sembra superabile anche laddove è facilmente dimostrabile la convenienza degli interventi di efficienza a fronte di rischi trascurabili: per facilitare la creazione delle ESCO proponiamo l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti con funzione di garanzia delle iniziative proposte da tali soggetti. Proponiamo, inoltre, che, entro la fine dell’anno, in sede di revisione dei decreti sull’efficienza energetica si pervenga ad una definizione normativa di tali società che, invece, dia garanzie ai loro clienti potenziali sul possesso delle adeguate professionalità e competenze.

Quello dell’efficienza energetica è un settore nel quale la pubblica amministrazione, gli enti territoriali in particolare, possono fare molto. I consumi energetici degli enti pubblici, in particolare dei comuni (si pensi all’illuminazione stradale e alle spese di riscaldamento e raffrescamento degli uffici), costituiscono dal punto di vista del risparmio e dell’efficienza un patrimonio dal quale recuperare grandi risorse. Inoltre i Comuni possano fare molto per orientare le scelte dei cittadini e sostenerne le iniziative autonome. Proponiamo quindi che oltre agli impianti di riscaldamento l’attività regolatoria dei comuni si estenda anche agli impianti di raffrescamento.

Luglio 2007: liberalizzazione del mercato elettrico anche per i cittadini. Un’occasione da non perdere. L’1 Luglio 2007 entrerà in vigore la completa apertura del mercato elettrico alla concorrenza, che da quella data interesserà anche la clientela domestica. La liberalizzazione del mercato può rappresentare anche una straordinaria occasione per premiare l’efficienza energetica degli operatori e il risparmio domestico da parte delle famiglie: la revisione delle tariffe dovrà però permettere ai cittadini di scegliere tra offerte diverse e quindi di scegliere di acquistare energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Proponiamo quindi di intervenire con nuovi provvedimenti legislativi che:

• incentivino il risparmio dei consumi elettrici “domestici” applicando tariffe ridotte in bolletta agli utenti che realizzano una diminuzione dei consumi pari ad almeno il 10% rispetto all’anno precedente;

• consentano la scelta, da parte dell’utente, di fornitura di energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili;

• incentivino la possibilità di una fornitura di energia elettrica certificata proveniente da impianti alimentati con energia solare, eolica, idroelettrica e biomasse, anche attraverso incentivi fiscali che premi la nascita di nuovi impianti da fonti rinnovabili;

• intervengano in modo che tutti gli utenti possano scegliere tra piani tariffari e fasce orarie che incentivino l’efficienza energetica.

• Rendere obbligatorio l’uso di lampade a basso consumo energetico iniziando dalle Pubbliche Amministrazioni.

domenica 11 marzo 2007

Lanzilli: "Scandaloso il mancato finanziamento dell'asse attrezzato Paolisi-Pianodardine"

SAN MARTINO V.C. – Il mancato inserimento dell’asse attrezzato Paolisi-Pianodardine ha scatenato un vero e proprio putiferio tra gli amministratori della Valle Caudina. E se il primo cittadino di Cervinara Franco Cioffi è stato il primo a porre l’accento con forza sull’ennesima esclusione dell’importante asse attrezzato dai finanziamenti regionali per le infrastrutture.
Una protesta vibrante, quella del sindaco cervinarese e della sua giunta, che è arrivato addirittura a minacciare il cambio di provincia. Un chiaro segnale dell’esasperazione che serpeggia tra gli amministratori cittadini del comprensorio, ancora una volta vittima di promesse non mantenute. Il caso dei finanziamenti 2000-2006, relativamente ai residui di spesa, è stato davvero emblematico, ed ha sollevato un putiferio in tutta l’Irpinia, dal momento che è stata tutta la provincia a vedersi esclusa da questo cospicuo riparto.
Sull’argomento interviene adesso il vicesindaco di San Martino Valle Caudina, Giovanbattista Lanzilli.
Vicesindaco, l’asse attrezzato Asi si allontana ancora di più, e l’obiettivo del 2010 come data ultima per la consegna dei lavori appare sempre più improbabile?
Ancora una volta ci troviamo a fare i conti con una pesantissima esclusione di questo comprensorio, e della fascia del Partenio più in generale, dai finanziamenti che contano. Mi è sembrato scandaloso non inserire nei finanziamenti decisi dai vertici regionali un progetto già pronto e per il quale, appunto, mancava solamente la copertura finanziaria.
Sono in molti adesso a criticare duramente i rappresentanti irpini a Palazzo Santa Lucia. In particolare quelli della Margherita, il suo partito.
E’ inevitabile che a finire nell’occhio del ciclone finiscano oggi quelli che per mesi in convegni, dibattiti ed interviste hanno assicurato il loro impegno e sostegno politico al completamento di quest’opera. Certo, per molti che hanno costruito le proprie campagne elettorali su questo tema sarà davvero difficile poter nuovamente ripresentarsi in Valle Caudina con la promessa della strada. I cittadini, ed anche gli amministratori del comprensorio, sono stanchi di parole. Adesso ci vogliono i fatti. Ma c’è anche un altro aspetto altrettanto fondamentale che credo non vada sottovalutato.
Quale?
La Margherita finisce con l’essere al centro degli attacchi che piovono un po’ da tutte le parti, ma è anche vero che se qualcosa finora è stato fatto per la strada, dai lavori quasi completati alle progettazioni, fino alle discussioni pubbliche per sollecitare l’argomento, lo si deve quasi esclusivamente all’impegno degli esponenti del “fiorellino”. E non posso non pensare, ad esempio, al presidente della Comunità Montana del Partenio Palerio Abate, al presidente Asi Pietro Foglia e altri rappresentanti sempre della Margherita. Dagli altri partiti, compresi i presunti nostri rappresentanti in Parlamento, invece, uno scandaloso silenzio assordante. E credo anche colpevole”.
Fonte: Ottopagine dell'11 marzo 2007

venerdì 9 marzo 2007

Speciale Congresso: Giuseppe De Mita eletto nuovo Coordinatore provinciale

Giuseppe De Mita è il nuovo coordinatore della Margherita irpina. Settantuno i votanti – su settantaquattro delegati – e sessantanove le preferenze espresse a suo favore nel primo pomeriggio di oggi, a conclusione della seconda e ultima giornata del secondo congresso provinciale della Margherita. Una giornata che si è aperta con il prosieguo degli interventi di iscritti e delegati. In sala anche l’assessore regionale Rosetta D’Amelio e il senatore Andrea De Simone, entrambi diessini. Tra gli altri, hanno preso la parola Franco Di Cecilia, punto di riferimento del movimento politico “Italia di mezzo” e poi Pietro Foglia, presidente dell’Asi irpina, Lello De Stefano, il candidato alla segreteria provinciale sostenuto da “Democraticamente insieme”, Pasquale Volino, e i tre esponenti regionali, il capogruppo a Palazzo Santa Lucia Mario Sena, il consigliere Luigi Anzalone, l’assessore, on. Enzo De Luca. La fase dedicata alle riflessioni si è chiusa con l’intervento, di altissima levatura politica, dell’onorevole Ciriaco De Mita, coordinatore regionale del partito.
“Ho partecipato a questa fase con l’intelligenza dell’osservatore – ha esordito – ma voglio dire a chi ravvisa censure sulla regolarità delle convenzioni comunali che la Margherita non è radicata da nessuna altra parte in Italia come sul territorio irpino. Quanto a questo congresso, credo che esso vada interpretato come un’occasione di dialogo e non come lo scontro della tristezza dello spirito. La politica non è una questione legata all’anagrafe, ma alla condizione dello spirito”. Dunque l’attenzione si è concentrata sulla provincia e sulla condizione dell’Irpinia. De Mita ha definito “non propriamente esaltanti” le analisi del “novello Masaniello” (il riferimento è alle dichiarazioni del sen. Francesco Pionati, ma il leader di Nusco non lo cita, ndr) per poi spiegare: “L’Irpinia è cresciuta con l’esperienza democratica, con l’azione scaturita dalla riflessione alta della Democrazia Cristiana. Oggi la società è molto cambiata e il sistema politico è in crisi, soprattutto perché sta imboccando la strada del plebiscitarismo restauratore. In questo clima la lettura del territorio si configura come la necessità di raccordare la risposta ai problemi del territorio stesso”.Quindi un lungo passaggio sulla crisi della politica, derivata, secondo De Mita, dalla mancata riflessione storica della crisi degli anni ’70. “Se non ripartiamo da una lettura storica di quel periodo, che troppo in fretta è stato liquidato – ha scandito rivolgendosi a D’Amelio e De Simone – non ne usciremo. Dobbiamo partire da quella storia per vedere come creare la novità, che non è necessariamente il Partito Democratico. De Gasperi chiese solidarietà attorno ad un disegno strategico che era la costruzione della democrazia. La rincorsa al nuovo non è solo un errore, rischia di diventare una necessità. Credo che la stagione dell’illuminismo abbia esaurito la sua funzione. Piuttosto, dobbiamo recuperare l’umanesimo nuovo, che vuol dire recupero del dramma della coscienza e della necessità di arricchirla di responsabilità rispetto al presente e al futuro. Oggi la libertà della persona incrocia la mancanza di valori che determina crisi. Dobbiamo spiegare che la democrazia non è solo diritti ma anche doveri”. Sul PD, De Mita ha ribadito le sue perplessità – “Ci sto dentro con tutta la carica dirompente della mia intelligenza” – poi una stoccata a Rutelli – “Mi invita a fare largo ai giovani, ma io, a differenza sua non ho cariche. Dovrei dimettermi dalla mia intelligenza, operazione impossibile” – quindi una riflessione critica sull’attuale politica estera. Infine, l’invito a recuperare la dimensione umana della politica e un monito ai componenti di “Democraticamente insieme”. “Non comportatevi come una setta di giudici, non sciupate la vostra intelligenza – ha concluso De Mita – trovo sgradevole la dichiarazione rivolta da Maselli ad Ambrosone: “Il gruppo non ti vuole”. Dovessimo ragionare così, dovremmo dirvi: “In questo congresso non vi vuole nessuno”.
Subito dopo, si sono aperte le operazioni di voto, con l’allestimento dei seggi. I rappresentanti di “Democraticamente insieme”, che contavano esclusivamente due delegati degli eletti, hanno protestato contestando la regolarità dello svolgimento delle elezioni, per poi lasciare l’assemblea. E subito dopo, in una conferenza stampa convocata al momento, hanno ribadito le accuse, sferrando attacchi anche contro il presidente dei lavori congressuali, sen. Nello Palumbo. Il quale, nel replicare, ha precisato: “La responsabilità sulla scelta delle modalità di voto è mia e solo mia. I dirigenti provinciali volevano estendere a tutti i delegati la possibilità di votare il coordinatore provinciale. Ma il diritto di votare il coordinatore provinciale è attribuito unicamente ai delegati degli iscritti perché questo è l’unico parametro certo, valido in tutta Italia, per garantire che non sia alterata la rappresentanza. Sono amareggiato. Non sussiste ipotesi alcuna che le mie decisioni potessero essere ispirate dalla volontà di influire sugli esiti del congresso. Visti i rapporti di forza, anche se avessi accolto le loro tesi sarebbero state ininfluenti sugli esiti dell’assemblea. Trovo inaccettabile che una minoranza irrilevante cerchi di delegittimare una bella assise come questa non sulla base di tesi politiche, ma facendo ricorso a cavilli”.
Concluso lo spoglio, si è passati alla proclamazione. Poi un breve discorso del nuovo coordinatore che ha ringraziato tutti, rilanciando sulla necessità di unificare quanto più possibile il partito.

Ci sembra doveroso inaugurare questa "nuova vita" del circolo della Margherita di San Martino Valle Caudina con un appello ai rapitori di Daniele Mastrogiacomo, l'inviato di Repubblica in mano ai Talebani.

Mastrogiacomo, come molti suoi colleghi, è lì solo per lavoro, e per raccontare da vicino le tragedie quotidiane che affliggono l'Afghanistan.

Una nuova veste grafica, un nuovo indirizzo

Salve a tutti. Il circolo della Margherita di San Martino Valle Caudina sbarca...di nuovo sul web. E lo fa con una grafica rinnovata, una piattaforma più "snella" e ricorrendo al blog, per entrare al messimo in contatto con tutti coloro che visiteranno il sito. Buona navigazione!