venerdì 7 settembre 2007

Assisi, i popolari di nuovo in gioco

di GIORGIO MERLO
Il recente convegno di Assisi ha contribuito a definire il profilo politico del Partito democratico. Una riflessione che ha sgomberato il campo da molti equivoci e, al contempo, ha rilanciato la politica come elemento determinante del futuro soggetto politico. Era troppo tempo che il confronto interno al Pd era dominato sostanzialmente da gossip giornalistici o da accuse che rasentano il ridicolo. Basti pensare a tutta la retorica sugli “apparati” e sulla “nomenklatura” che è stata adoperata come una clava contro Veltroni e i suoi collaboratori da esponenti che, da sempre, appartengono saldamente alla classe dirigente del partito di riferimento nonché del governo. Ma, al di là di questa osservazione che è destinata a cadere nel vuoto nell’arco di poco tempo, è quantomai necessario e indispensabile che il confronto politico ritorni protagonista attorno ai contenuti e al recupero delle culture politiche fondanti il nuovo soggetto politico. E il convegno di Assisi, seppur “snobbato” dai grandi organi di informazione, ha trasmesso un messaggio chiaro ma inequivocabile: il Partito democratico non può fare a meno della tradizione cattolico democratica e popolare come, del resto, di tutte quelle culture politiche che storicamente contribuiscono a qualificare il riformismo nel nostro paese. Una tradizione che non può essere confusa con una minuscola e insignificante nicchia clericale o una minoranza confessionale destinata ad essere ininfluente nella costruzione della proposta politica del Pd. Con Assisi si è voluta ribaltare anche una prassi recente che aveva ridotto la presenza cattolica ad una semplice delega ai cattolici per affrontare temi di natura etica riconducibili esclusivamente ai problemi di coscienza. Una presenza culturale cioè, titolata ad affrontare i cosiddetti temi eticamente sensibili lasciando ad altri il compito di elaborare le vere ricette politiche, economiche e sociali necessarie per governare l’intero paese. No, i cattolici democratici oggi hanno un’altra ambizione, politicamente rilevante e molto più impegnativa. Si tratta cioè di recuperare lo “spirito costituzionale” che aveva caratterizzato la presenza dei cattolici nella stagione costituente. Una grande disponibilità alla collaborazione con altre forze politiche e, al contempo, una irriducibile vocazione a non disperdere la propria identità culturale ed ideale. «Coscienza di sé e apertura verso gli altri» per dirla con Aldo Moro, in un contesto politico, quello contemporaneo, profondamente diverso rispetto a quello degli anni quaranta ma simile per la domanda di “resurrezione” della politica che sale prepotentemente dalla società. I molti contributi emersi dal dibattito e gli interventi finali di Fioroni e Franceschini hanno sottolineato che il Pd avrà un futuro se riuscirà a essere un soggetto politico plurale, partendo però dal pieno riconoscimento delle varie sensibilità culturali. È indubbio che un partito che aspira ad essere il primo partito italiano non può che essere fortemente articolato al suo interno. Non un correntismo esasperato, come ha giustamente evidenziato Weltroni, ma la capacità di esaltare le diverse posizioni in un disegno politico comune. È inutile pertanto lanciare accuse demagogiche e anche un po’ qualunquiste attorno alla nascita di una “corrente cattolica” nel futuro organigramma del partito. Non c’è traccia di correnti cattoliche nel Pd, perché nessuno – tranne qualche inguaribile clericale che ad Assisi non era di casa – sostiene l’opportunità di trapiantare quell’esperienza politica nella società contemporanea. Semmai, si tratta di saper riconquistare all’impegno politico e di partito quelle riserve etiche, sociali, culturali e morali che sono presenti nell’area cattolica italiana e che continuano a nutrire perplessità e diffidenza nei confronti della politica e dei suoi protagonisti, tanto a livello locale quanto nazionale. La sfida politica è racchiusa proprio qui: nella capacità di reimmettere nel corpo vivo del Pd queste energie, senza ipoteche confessionali e degenerazioni clericali. Certo, spiace che alcuni esponenti che sino a ieri erano espressione autentica e vera di quella tradizione abbiano oggi rinunciato a metterla in gioco insieme sacrificandola sull’altare della centralità degli organigrammi interni del partito. Aveva ragione il presidente del senato Marini quando, commentando il convegno di Assisi, ha rilevato che il mondo popolare e cattolico democratico era tutto presente nella cittadina umbra, con quella ricchezza variegata e articolata fatta di uomini e donne impegnate nel sociale, nelle parrocchie, nei gruppi politici, nelle amministrazioni locali e nelle professioni. Un mondo che oggi vuole essere protagonista nella politica, e il Pd può essere una risposta duratura e credibile se saprà essere un luogo politico autentico e trasparente dove nessuno può rivendicare sciocche egemonie e futili primogeniture. Pertanto, l’unità della tradizione cattolico democratica e popolare rappresenta un elemento di forza e di coraggio per il Pd che non può ridursi a una sommatoria di sigle, quote, rivendicazioni territoriali, anagrafiche e territoriali. Il ritorno della politica continua a essere l’elemento decisivo per fare del Pd la scommessa vincente non solo per il centro sinistra ma per lo stesso rinnovamento della politica italiana. Del resto, la grande attesa per il decollo del Pd non risponde soltanto a un fatto numerico o di semplificazione del quadro politico ma anche, e soprattutto, al tentativo di voltar pagina per una politica autenticamente laica, riformista e fortemente innovativa nelle sue modalità organizzative. E, sotto questo profilo, la cultura cattolico democratica e popolare può essere una carta decisiva. Purché prevalga la politica e una rinnovata e disponibilità al confronto e al dialogo con altre tradizioni culturali ed ideali. Il convegno organizzato dalla rivista Quarta fase ad Assisi ha contribuito in modo significativo a intraprendere quel cammino. Ora occorre dar gambe a quella “forza delle idee” che resta la vera specificità del cattolicesimo politico nel nostro paese.

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