lunedì 26 marzo 2007
La Margherita: abolire l'Ici per la prima casa
Abolire l’Ici sulla prima casa e introdurre un’aliquota a tassazione separata del 20% sugli affitti. È questa la proposta uscita oggi dall’esecutivo della Margherita. “Si può fare subito, anche per decreto” ha detto l’ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu, uscendo dalla riunione. “Abbiamo avviato una riflessione sul futuro Dpef e una verifica sullo stato d’attuazione della finanziaria e il suo impatto sui processi di crescita, prendendo atto di quanto emerso dalla trimestrale di cassa - spiega il coordinatore dell’esecutivo dei Dl, Antonello Soro - da questa analisi è emersa con evidenza che vi è un grave ritardo nell’applicazione delle misure contenute nella manovra a sostegno dell’impresa, che dovranno andare rapidamente a regime”. “Per quel che riguarda il cosiddetto extragettito - prosegue Soro - il risultato positivo è dovuto a una pluralità di fattori, come le misure strutturali adottate e una ritrovata cultura della legalità contributiva”. “Occorrerà, sottolinea Soro, fare un approfondimento sulla quantità di risorse effettivamente disponibili e sulle misure adottabili, tenendo conto dell’equilibrio dei conti. Ma, sottolinea l’esponente dei Dl “è importante oggi spingere sul sostegno alle persone e alle famiglie, come abbiamo privilegiato in finanziaria le imprese e uno snodo delle politiche della famiglia è certamente la casa”. Un alleggerimento fiscale sulle prime abitazioni presenta, quindi, per Soro due vantaggi: “Sostiene il reddito delle famiglie e libera risorse per far ripartire i consumi per lungo tempo stagnanti”. L’esecutivo della Margherita quindi sposa e ribadisce l’indicazione formulata da Romano Prodi nel suo discorso per la fiducia in Parlamento, che indicava proprio l’abolizione dell’Ici nella prima casa e un’aliquota al 20% tra i provvedimenti prioritari del governo nei prossimi mesi. “È chiaro che un intervento del genere - sottolinea Soro - andrà congeniato in concertazione con il sistema delle Autonomie locali'”.
martedì 20 marzo 2007
lunedì 12 marzo 2007
Speciale emergenza climatica: il ruolo della Margherita
domenica 11 marzo 2007
Lanzilli: "Scandaloso il mancato finanziamento dell'asse attrezzato Paolisi-Pianodardine"
Una protesta vibrante, quella del sindaco cervinarese e della sua giunta, che è arrivato addirittura a minacciare il cambio di provincia. Un chiaro segnale dell’esasperazione che serpeggia tra gli amministratori cittadini del comprensorio, ancora una volta vittima di promesse non mantenute. Il caso dei finanziamenti 2000-2006, relativamente ai residui di spesa, è stato davvero emblematico, ed ha sollevato un putiferio in tutta l’Irpinia, dal momento che è stata tutta la provincia a vedersi esclusa da questo cospicuo riparto.
Sull’argomento interviene adesso il vicesindaco di San Martino Valle Caudina, Giovanbattista Lanzilli.
Vicesindaco, l’asse attrezzato Asi si allontana ancora di più, e l’obiettivo del 2010 come data ultima per la consegna dei lavori appare sempre più improbabile?
Ancora una volta ci troviamo a fare i conti con una pesantissima esclusione di questo comprensorio, e della fascia del Partenio più in generale, dai finanziamenti che contano. Mi è sembrato scandaloso non inserire nei finanziamenti decisi dai vertici regionali un progetto già pronto e per il quale, appunto, mancava solamente la copertura finanziaria.
Sono in molti adesso a criticare duramente i rappresentanti irpini a Palazzo Santa Lucia. In particolare quelli della Margherita, il suo partito.
E’ inevitabile che a finire nell’occhio del ciclone finiscano oggi quelli che per mesi in convegni, dibattiti ed interviste hanno assicurato il loro impegno e sostegno politico al completamento di quest’opera. Certo, per molti che hanno costruito le proprie campagne elettorali su questo tema sarà davvero difficile poter nuovamente ripresentarsi in Valle Caudina con la promessa della strada. I cittadini, ed anche gli amministratori del comprensorio, sono stanchi di parole. Adesso ci vogliono i fatti. Ma c’è anche un altro aspetto altrettanto fondamentale che credo non vada sottovalutato.
Quale?
La Margherita finisce con l’essere al centro degli attacchi che piovono un po’ da tutte le parti, ma è anche vero che se qualcosa finora è stato fatto per la strada, dai lavori quasi completati alle progettazioni, fino alle discussioni pubbliche per sollecitare l’argomento, lo si deve quasi esclusivamente all’impegno degli esponenti del “fiorellino”. E non posso non pensare, ad esempio, al presidente della Comunità Montana del Partenio Palerio Abate, al presidente Asi Pietro Foglia e altri rappresentanti sempre della Margherita. Dagli altri partiti, compresi i presunti nostri rappresentanti in Parlamento, invece, uno scandaloso silenzio assordante. E credo anche colpevole”.
venerdì 9 marzo 2007
Speciale Congresso: Giuseppe De Mita eletto nuovo Coordinatore provinciale
“Ho partecipato a questa fase con l’intelligenza dell’osservatore – ha esordito – ma voglio dire a chi ravvisa censure sulla regolarità delle convenzioni comunali che la Margherita non è radicata da nessuna altra parte in Italia come sul territorio irpino. Quanto a questo congresso, credo che esso vada interpretato come un’occasione di dialogo e non come lo scontro della tristezza dello spirito. La politica non è una questione legata all’anagrafe, ma alla condizione dello spirito”. Dunque l’attenzione si è concentrata sulla provincia e sulla condizione dell’Irpinia. De Mita ha definito “non propriamente esaltanti” le analisi del “novello Masaniello” (il riferimento è alle dichiarazioni del sen. Francesco Pionati, ma il leader di Nusco non lo cita, ndr) per poi spiegare: “L’Irpinia è cresciuta con l’esperienza democratica, con l’azione scaturita dalla riflessione alta della Democrazia Cristiana. Oggi la società è molto cambiata e il sistema politico è in crisi, soprattutto perché sta imboccando la strada del plebiscitarismo restauratore. In questo clima la lettura del territorio si configura come la necessità di raccordare la risposta ai problemi del territorio stesso”.Quindi un lungo passaggio sulla crisi della politica, derivata, secondo De Mita, dalla mancata riflessione storica della crisi degli anni ’70. “Se non ripartiamo da una lettura storica di quel periodo, che troppo in fretta è stato liquidato – ha scandito rivolgendosi a D’Amelio e De Simone – non ne usciremo. Dobbiamo partire da quella storia per vedere come creare la novità, che non è necessariamente il Partito Democratico. De Gasperi chiese solidarietà attorno ad un disegno strategico che era la costruzione della democrazia. La rincorsa al nuovo non è solo un errore, rischia di diventare una necessità. Credo che la stagione dell’illuminismo abbia esaurito la sua funzione. Piuttosto, dobbiamo recuperare l’umanesimo nuovo, che vuol dire recupero del dramma della coscienza e della necessità di arricchirla di responsabilità rispetto al presente e al futuro. Oggi la libertà della persona incrocia la mancanza di valori che determina crisi. Dobbiamo spiegare che la democrazia non è solo diritti ma anche doveri”. Sul PD, De Mita ha ribadito le sue perplessità – “Ci sto dentro con tutta la carica dirompente della mia intelligenza” – poi una stoccata a Rutelli – “Mi invita a fare largo ai giovani, ma io, a differenza sua non ho cariche. Dovrei dimettermi dalla mia intelligenza, operazione impossibile” – quindi una riflessione critica sull’attuale politica estera. Infine, l’invito a recuperare la dimensione umana della politica e un monito ai componenti di “Democraticamente insieme”. “Non comportatevi come una setta di giudici, non sciupate la vostra intelligenza – ha concluso De Mita – trovo sgradevole la dichiarazione rivolta da Maselli ad Ambrosone: “Il gruppo non ti vuole”. Dovessimo ragionare così, dovremmo dirvi: “In questo congresso non vi vuole nessuno”.
Subito dopo, si sono aperte le operazioni di voto, con l’allestimento dei seggi. I rappresentanti di “Democraticamente insieme”, che contavano esclusivamente due delegati degli eletti, hanno protestato contestando la regolarità dello svolgimento delle elezioni, per poi lasciare l’assemblea. E subito dopo, in una conferenza stampa convocata al momento, hanno ribadito le accuse, sferrando attacchi anche contro il presidente dei lavori congressuali, sen. Nello Palumbo. Il quale, nel replicare, ha precisato: “La responsabilità sulla scelta delle modalità di voto è mia e solo mia. I dirigenti provinciali volevano estendere a tutti i delegati la possibilità di votare il coordinatore provinciale. Ma il diritto di votare il coordinatore provinciale è attribuito unicamente ai delegati degli iscritti perché questo è l’unico parametro certo, valido in tutta Italia, per garantire che non sia alterata la rappresentanza. Sono amareggiato. Non sussiste ipotesi alcuna che le mie decisioni potessero essere ispirate dalla volontà di influire sugli esiti del congresso. Visti i rapporti di forza, anche se avessi accolto le loro tesi sarebbero state ininfluenti sugli esiti dell’assemblea. Trovo inaccettabile che una minoranza irrilevante cerchi di delegittimare una bella assise come questa non sulla base di tesi politiche, ma facendo ricorso a cavilli”.
Concluso lo spoglio, si è passati alla proclamazione. Poi un breve discorso del nuovo coordinatore che ha ringraziato tutti, rilanciando sulla necessità di unificare quanto più possibile il partito.